Buon compleanno bicicletta!

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Oggi la bici compie 204 anni.

In realtà ieri, solo che devo aggiungere oggi questa nota perché la funzione automatica di pubblicazione ha fallito la messa online; e pure io che me ne sono accorto solo adesso.

Vabbè, il caldo sta giocando brutti scherzi a tutti.

Per convenzione il 26 giugno 1819 nasce la bicicletta.

Non è proprio così, quel brevetto depositato 204 anni fa non prevedeva pedali e freni; insomma, non proprio una bici come la intendiamo noi. E due anni prima ci fu la Draisina. Ma va bene così, non cavilliamo, almeno stavolta me ne astengo persino io.

Oltre due secoli di storia, decenni che continua ad incantare, affascinare e, diciamolo, far sognare.

La prima bici senza rotelle è da sempre un rito di passaggio per i bambini, alzi la mano chi non serba tra i suoi ricordi le scorribande da ragazzino, il raggio delle proprie esplorazioni che si allungava a dismisura, le imprese eroiche ché a quell’età lo è tutto, le cadute anche.

Ma soprattutto nessuno, ne sono certo, può dimenticare quella prima sensazione di libertà, di poter girare il mondo solo volendolo: tu e due pedali. Meglio se pure con i freni, giusto per…

Per molti quella passione è rimasta dentro, c’è chi l’ha coltivata senza interruzione, chi si è lasciato distrarre da altri interessi, chi ha snobbato le due ruote per un bel paio di occhi dolci, chi ha inseguito pedalando quel sorriso capace di farti le gambe gelatina.

Però in un momento o in un altro tutti siamo tornati in sella; o sogniamo di tornarci.

C’è chi lo fa e basta, chi si lascia bloccare da qualche acciacco, chi ci rimugina su, chi pianifica il ritorno nemmeno fosse lo sbarco in Normandia.

E così mi capita sempre più spesso di ritrovarmi circondato da miei coetanei, noi che se fossimo solo di un paio di generazioni prima adesso saremmo in età da nipotini (ma tanto chi si avvicina a mia figlia rischia grosso, sia chiaro…) che mi parlano con l’entusiasmo dei bambini delle loro uscite, di quella salita che si stancavano pure a farla in macchina e adesso la pedalano, di come hanno raggiunto questo o quel luogo solo in bici, l’uscita in compagnia, la sosta per una birra, le serate in garage a mettere a punto la bici.

E io mi commuovo. Di nascosto, in solitudine, perché davanti a questo uditorio devo mantenere il mio aristocratico snobismo, quell’atteggiamento che fa prudere le mani a chiunque mi incontra.

Andare in bici mai detto che fa di noi, di me soprattutto, una persona migliore. Una volta chiudevo con “solo più magri”, adesso manco più quello a guardare il mio girovita.

Però ci rende persone felici.

Torniamo a casa stanchi, sudati, spesso con qualche segno sulle gambe eppure siamo lì a canticchiare sotto la doccia.

Stravacchiamo sul divano con l’accappatoio e qualche bevanda, un poco di frutta e iniziamo a raccontare alle nostre compagne l’uscita di quella mattina, i posti dove siamo stati, la fatica e l’orgoglio di quella cima conquistata, lo spavento per quel criminale in auto (ché sempre fa bene risvegliare l’istinto protettivo, soprattutto se siamo ancora in accappatoio…) e ci sentiamo in pace con noi stessi e col mondo.

Il lavoro, lo stress, i conti da far quadrare, gli impegni, tutto dimenticato, tutto relegato in fondo alla mente. Più tardi salterà fuori ma non ora, non mentre assaporiamo la nostra uscita sui pedali.

Potrei raccontarvi dei benéfici effetti della bici sulla nostra salute, su quella del nostro portafoglio come su quella del nostro pianeta; potrei festeggiare questi oltre due secoli scrivendo che la bici è la soluzione e non il problema; la soluzione ai problemi urbanistici, di smog, di risparmio energetico, di sicurezza stradale (più bici=meno auto, quindi meno sinistri) e tante altre magnifiche virtù.

Potrei, l’ho fatto in passato, non mi ripeto oggi.

No, oggi sono 204 anni che l’uomo ha inventato uno dei più formidabili strumenti di felicità.

Cara bici, di questo io ti ringrazio.

Buone pedalate

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